Cosa succede se si sottopongono le imprese italiane ad uno “stress test” simile a quello usato per banche per valutare il loro grado di solidità patrimoniale? Cerved Group – gruppo leader in Italia nel campo della Business Information – lo ha sperimentato, con risultati tutt’altro che incoraggianti.
Secondo i dati emersi, l’indice di rischio medio di insolvenza per le imprese ipoteticamente “stressate” è a quota 69,7 su una scala che va da uno a cento, superiore anche a quello del fatidico “anno della crisi” 2009.

In particolare, mentre il Nord Est conferma un minor rischio di insolvenza – con un indice stabile nel 2012 a quota 61 – al Sud invece il rischio di insolvenza risulterebbe del 73,1.

Le aziende che sono ricorse a prestiti e che nel biennio 2011 e 2012 si trovano in difficoltà a saldare i debiti arriverebbero a quota 34.000 (+5,4% rispetto al normale). Le imprese maggiormente colpite risulterebbero quelle operanti nel terziario, contro il 27% le manifatturiere, 19% le imprese di costruzione. L’hi-tech e la meccanica i settori che rischierebbero di più. Più solidi sarebbero invece chimica, metalli ed energia.

Le difficoltà sono aumentate in particolare per le imprese minori, quelle meno presenti all’estero e che contano soprattutto sul mercato interno. Ora, dopo un altro anno difficile, la sopravvivenza per molti è legata all’autonomia finanziaria, messa però a dura prova dai pagamenti ritardati e dal credito difficile.